Cronaca

REGIONE – ALTRA FIGURACCIA : IL GOVERNATORE FONTANA INDAGATO PER AUTORICICLAGGIO

MILANO – Come se non bastasse la figuraccia per la disorganizzazione del piano vaccinale anti-covid, un’altra tegola si abbatte su Regione Lombardia, tirando in causa in prima persona il governatore leghista Attilio Fontana. Falsa dichiarazione in voluntary e autoriciclaggio: sarebbero queste le ipotesi di reato con cui la Procura di Milano avrebbe iscritto nel registro degli indagati il presidente della Lombardia. Al centro dell’indagine ci sono i 5,3 milioni di euro su un conto svizzero del governatore, soldi emersi col caso “camici”.

Nella giornata di mercoledì 31 marzo, inoltre, la procura di Milano ha inoltrato alle autorità elvetiche una “richiesta di commissione rogatoriale al fine di completare la documentazione allegata alla domanda di voluntary disclosure” presentata da Attilio Fontana “avendo ravvisato la necessità di approfondire alcuni movimenti finanziari”, si legge nella nota della procura di Milano.

La difesa di Fontana — si legge in una nota della Procura — si è dichiarata disponibile a fornire ogni chiarimento sia in sede rogatoriale che, se del caso, mediante produzione documentale ovvero presentazione spontanea dell’assistito”.

Il presidente della Lombardia Attilio Fontana era già stato iscritto nel registro degli indagati nell’inchiesta sulla fornitura da mezzo milione di euro di camici e altri dispositivi di protezione da parte della società Dama spa, azienda gestita dal cognato Andrea Dini e di cui la moglie del governatore lombardo detiene una quota del 10%. Fontana, insieme a Dini, è indagato per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente.

Secondo l’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli l’affidamento diretto senza gara della fornitura, che risale allo scorso 16 aprile, sarebbe avvenuto in conflitto di interessi e l’ordine sarebbe poi stato trasformato in donazione solo il 20 maggio, dopo che la trasmissione di RaiTre Report iniziò a interessarsi della vicenda. Dama, per la tesi accusatoria, avrebbe voluto guadagnare cercando di vendere 25mila camici (75mila i totali di cui 50mila donati) con un prezzo di 9 euro a camice invece di 6 euro come proposto ad Aria, la centrale acquisti regionale.

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