Politica

SEREGNO- ” IL SENSO DEL 25 APRILE “

SEREGNO – Si sono svolte ieri le celebrazioni del 25 Aprile, Festa della Liberazione dedicata al ricordo per la fine del nazifascismo, nelle ultime fasi della Seconda guerra mondiale. L’occupazione tedesca e fascista in Italia non terminò in un solo giorno: si considera però il 25 aprile come data simbolo, perché quel giorno del 1945 coincise con l’inizio della ritirata da parte dei soldati della Germania nazista e di quelli fascisti della repubblica di Salò dalle città di Torino e di Milano, dopo che la popolazione si era ribellata e i partigiani avevano organizzato un piano coordinato per riprendere le città.  La parte più interessante della celebrazioni è stato ( naturalmente per lo scrivente )  il discorso di Roberto Galliani ( leggi ) presidente del Comitato Unitario Antifascista per la Difesa delle Istituzioni Repubblicane . “Da molti anni, ogni anno, questo Comitato si ritrova a riflettere sul senso del 25 Aprile e del celebrarlo oggi. E in verità è una riflessione che si fa per noi ogni anno più problematica. Perché nel pensiero, nelle testimonianze, nelle qualità morali, nell’impegno e nel sacrificio degli uomini giusti di allora non ritroviamo nulla di quel che siamo oggi ” ha detto Galliani che ha anche analizzato l’evolversi della società odierna  ” Liberandoci dal rumore di fondo -che non è realtà concreta ma astrazione- coglieremmo i processi lunghi, le tendenze di fondo che muovono e trasformano la società, l’ascesa e il declino di civiltà e nazioni -ossia il concretismo della storia-. Ci accorgeremmo innanzitutto che l’Italia e l’Europa, venuta meno la forza di quelle idee che fino alla fine del Novecento ne hanno strutturato la cultura, il pensiero, gli ordinamenti e perfino i desideri, sono entrate insieme all’intero Occidente in una fase che potremmo definire nichilista, in quanto manca lo scopo. Il venir meno dell’idea – sia essa Liberalismo, Socialismo o addirittura Cristianesimo- ha fatto sì che i valori da essa declinati si svalutassero e che tutto fosse relativizzato, poiché non esiste più il metro condiviso sul quale misurare i sentimenti, le ambizioni e i comportamenti degli uomini. La conseguente mancanza di scopo -quello di realizzare l’idea- ci costringe al tempo stesso in un eterno presente, privi di un progetto per il futuro e privi della motivazione necessaria a realizzarne uno” – e riferendosi all’Italia e arrivando all’Italia-  “Capiremmo infine che l’Italia declina perché incapace di progettare e realizzare se stessa nel futuro e perché la sua politica, il suo capitale e la sua tecnica sono, nel contesto della globalizzazione, sempre meno competitivi rispetto a quelli delle altre nazioni. Declina perché noi italiani, fuorviati da una totale mancanza di prospettiva come popolo, abbiamo raggiunto nei nostri usi e costumi un grado di sofisticazione tale da perdere di vista le cose davvero importanti, quelle che determinano l’ascesa o il tramonto delle civiltà: la centralità del lavoro; la cura dell’ambiente, del suo ripristino e la preservazione delle sue risorse; la tutela e l’accrescimento del patrimonio materiale e immateriale; la sostenibilità demografica; il necessario equilibrio tra diritti e doveri dell’uomo e del cittadino; l’indipendenza culturale, politica, economica e militare. Nessuna forza politica riesce a fornire una grande narrazione in grado di spiegare il mondo, dare una speranza, elaborare il passato e preservare la memoria“.

 

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