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Cronaca

SEREGNO – SEREGNOPOLI UNO: “MAI SAPUTO DI PRESSIONI SU PRATICHE URBANISTICHE” TESTIMONIA ILARIA CERQUA

Fonte Il Giorno.it  – Stefania Totaro

MONZA – Si apre la sfilata dei testimoni citati dalla difesa dell’ex sindaco Edoardo Mazza al processo sulla presunta Seregnopoli dell’urbanistica al Comune di Seregno. E davanti ai giudici del Tribunale di Monza si siede l’ex assessore all’Istruzione e alle politiche sociali e ora consigliere comunale seregnese Ilaria Cerqua, anche lei come Mazza avvocato, accasata a Forza Italia e candidata sindaco ‘perdente’ nelle elezioni amministrative del 2015. “Anche io volevo candidarmi sindaco, ma ho volontariamente fatto un passo indietro quando, di fronte a due candidature, è stata indetta una riunione alla presenza anche dei vertici provinciali e ho capito che le preferenze dei consiglieri per me erano la metà rispetto a quelle per Mazza” ha dichiarato in aula Ilaria Cerqua, che ha escluso che la scelta dell’assessore uscente all’urbanistica Mazza fosse già stata decisa a tavolino, soprattutto dall’ex sindaco leghista per due mandati Giacinto Mariani (anche lui imputato ma per abuso d’ufficio), divenuto poi vicesindaco ma da più parti considerato il ‘sindaco ombra’ di Seregno. “Mariani lo conosco dal 2000 e so che non propose lui Mazza come candidato sindaco – ha spiegato la testimone – La Lega avrebbe preferito me perché ero più conosciuta in città essendo già assessore“. I difensori di Edoardo Mazza, gli avvocati Antonino De Benedetti e Lorenzo Bertacco, hanno interrogato la consigliera comunale sui presunti favoritismi sull’area dismessa dell’ex rimessa per autobus Dell’Orto in via Valassina, destinata a diventare un centro commerciale.

Una concessione edilizia ritenuta dai pm Salvatore Bellomo e Giulia Rizzo oggetto della corruzione tra l’immobiliarista Antonino Lugarà e l’ex sindaco forzista di Seregno, a cui Lugarà avrebbe in cambio procurato voti alle elezioni. “Mai saputo o visto pressioni su pratiche specifiche relative all’urbanistica“, ha escluso Ilaria Cerqua che poi, su richiesta di della pm Giulia Rizzo, ha dovuto aggiungere che intendeva “che mi siano state riferite o a cui io abbia assistito perché i miei assessorati erano situati in altre sedi rispetto all’urbanistica“. La testimone ha spiegato che “le delibere da portare in Giunta vengono istruite all’interno del settore competente dai funzionari addetti, poi passano dal vaglio del dirigente del settore e da quello finanziario e anche del segretario comunale, un parere ulteriore che non è obbligatorio ma che è stato istituito da Giacinto Mariani per una ulteriore verifica. Poi l’assessore chiede l’iscrizione all’ordine del giorno della riunione di Giunta“. L’assessore all’Urbanistica nel 2015 era Barbara Milani che “mi risulta avesse fatto sulla pratica di Lugarà ulteriori approfondimenti e quindi arrivammo in Giunta senza criticità. Il sindaco presiede la Giunta e la convoca ma non ha maggior peso nella votazione rispetto agli altri componenti. La delibera di cui si discute in questo processo, inoltre, è stata approvata all’unanimità dei presenti”.

Ilaria Cerqua ha anche escluso che Mazza volesse mettere Stefano Gatti (ritenuto dalla pubblica accusa uomo di Lugarà) a capo della commissione urbanistica. “So che Mazza non aveva una grandissima opinione di Gatti – ha dichiarato – Io lo ritengo un personaggio con un carattere un po’ esuberante, non so chi lo abbia candidato alle elezioni del 2015″

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Cronaca

SEREGNO – SEREGNOPOLI : UN APPARTAMENTO PER IL DIRIGENTE E UN’ANFORA PER LA VILLA

Dodici i teste della difesa che hanno deposto in aula nella scorsa udienza. Fra i capi d’imputazione su cui sono stati sentiti e controesaminati, quelli relativi all’iter della pratica G.A.M.M., al prestito presuntivamente usurato a danno di Luciano Mega, ai profili di presunta illiceità sulle vicende dell’appartamentino per i dipendenti del maneggio di Gianni Lugarà, dato temporaneamente in uso a Grisafi e dell’anfora romana asportata dal cantiere della Maisa.

Di Alessandro Girardin

Nel corso dell’udienza del 26 aprile è stata audita la gran parte dei testimoni della difesa Lugarà. Fra i temi toccati, quello – non nuovo – della ricostruzione delle destinazioni d’uso dell’area ex Dell’Orto e dei profili procedurali relativi alla pratica G.A.M.M. A deporre sul punto, l’architetto  Roberto Pozzoli, libero professionista dal 1980, già assessore all’Edilizia Privata al Comune di Seregno e consigliere comunale in quota FI dal 2000 al 2010. Il teste – esaminato dall’avvocato Luca Ricci – ha descritto la natura dei suoi rapporti professionali con Antonino Lugarà e le sue società: «Quando lui aveva qualche opportunità di acquisto di aree o immobili, siccome mi sono occupato per moltissimi anni di urbanistica, si rivolgeva a me per domandarmi della fattibilità di questo o quel tipo di intervento».

Così avvenne anche per l’area ex Dell’Orto, acquistata dall’immobiliare G.A.M.M. nel 2008: «Fui interpellato in quel periodo perché Lugarà voleva capire come intervenire su quell’area per costruire un edificio produttivo dove trasferire la sua azienda».

È stato proprio l’architetto Pozzoli a curare, quindi, sulla base di un accesso agli atti e dei certificati di destinazione urbanistica, uno studio di fattibilità relativo all’ex rimessa per autobus turistici: «A partire dalla legge regionale n. 12 del 2005 ci sarebbe stata anche la possibilità, con un programma integrato d’intervento, di presentare un progetto in variante al Piano regolatore e ottenere un cambio della destinazione d’uso in commerciale ed anche terziario». Per una serie di fatti sopravvenuti quel progetto, in Comune, non è mai stato depositato.

Si è dovuto aspettare parecchio tempo – intanto Lugarà prendeva accordi con la iN’s Mercati – per arrivare al Pgt attualmente vigente a Seregno. Alla sua approvazione, il 28 giugno 2014, hanno concorso – si è ricordato – una richiesta preventiva di modifica della destinazione d’uso dell’ex Dell’Orto da produttiva a commerciale/terziaria datata 5 luglio 2013; un’osservazione al Pgt per conto della G.A.M.M. di analogo contenuto in data 25 marzo 2014; e un’integrazione in tal senso, redatta ai sensi della direttiva Bolkestein, in data 9 maggio 2014. Tutti atti a firma dell’architetto Pozzoli.

Per poi giungere alle quattro osservazioni presentate dalla G.A.M.M., insieme a quelle di una serie di altre imprese (circa una ventina), risultate «parzialmente accolte» dal Comune in sede di controdeduzioni: in altre parole, la riconversione funzionale di un immobile produttivo di comprovata dismissione in microtessuto polifunzionale si sarebbe potuta attuare alle condizioni previste dall’art. 15 del Piano delle Regole.

Secondo il testimone tale circostanza, e cioè la necessità di ricorrere per interventi di questo tipo allo strumento del piano attuativo, avrebbe reso non poco oneroso per Lugarà l’iter della pratica, in particolare per la cessione gratuita del 12% della superficie al Comune, corrispondente al marciapiede realizzato con l’allargamento di via Dell’Oca.

Nel controesame condotto dal pm Giulia Rizzo, il teste Pozzoli ha riferito come, nella fase successiva dell’iter, quando l’incarico era passato alla Manzella, non fosse più stato interpellato da Lugarà, se non informalmente sul tipo di procedura da seguire. Al che Pozzoli – a suo dire – gli aveva risposto in linee generali che, se fosse stato in variante al Pgt, il piano attuativo sarebbe stato approvato dal Consiglio comunale; altrimenti sarebbe stato sufficiente un passaggio in Giunta.

Ulteriore capo d’accusa sul quale i testi sono stati chiamati a deporre, quello del presunto accordo corruttivo intercorso fra Lugarà e Grisafi. Quest’ultimo avrebbe infatti beneficiato, tra febbraio e luglio 2015, della disponibilità di un alloggio riservato al personale dipendente del maneggio “Luga QH” di Inverigo, di proprietà del figlio di Lugarà, Giovanni. Le testimonianze rese dall’ex addetta alle pulizie Luisa Sartorano, dall’ex dipendente Driss Nifta e dallo stesso Gianni Lugarà, hanno permesso di ricostruire la vicenda. Nel gennaio 2015, il dirigente all’Edilizia Privata viene cacciato di casa dalla moglie Maria Giuseppa Cartia. Quando suona al campanello del maneggio, ha ancora un occhio nero e alcuni graffi sul volto. Al suo seguito, una Jaguar verde con a bordo i suoi effetti personali. Lugarà sr. raccomanda al figlio e ai suoi dipendenti di assegnargli un appartamento, dove farlo soggiornare «temporaneamente, massimo una settimana o dieci giorni».

Peccato che la sua permanenza si rivelerà un’autentica “palla al piede”. «Mi dava fastidio soprattutto il fatto che portasse nell’appartamento donne straniere, con un distinto accento rumeno», ha dichiarato Lugarà jr., in senso convergente agli altri due testimoni. Al 22 giugno 2015 risale la conversazione registrata all’interno del Mimo’s Bar (e ripresa dall’avvocato Ricci), in cui lo stesso sindaco Edoardo Mazza invitava “caldamente” i Lugarà – per usare un eufemismo – a mandare via il dirigente da quella sistemazione. Così, puntuale ai primi di luglio, Lugarà sr. ordina di cambiare serratura all’appartamento e di portare tutti i vestiti di Grisafi in cantina. Dopo aver restituito il telecomando del cancello, il dirigente se ne va con la coda fra le gambe, fiaccato già dall’esposto formalizzato contro di lui da un ostile  Mariani.

Presso l’azienda agricola Luga QH lavora invece tuttora la teste Claudia Pedoni, assunta nel settembre 2007 dalla Lombarda Costruzioni, poi trasferita alla General Costruzioni – ambedue società di Lugarà. È stata lei a redigere, sotto dettatura dell’imprenditore, le scritture del 10 luglio 2013 e dell’8 luglio 2015, delle quali ha detto di ricordare fortuitamente la data: nel primo caso, in particolare, per via dell’importo elevato (i famosi 110.000 euro) del prestito di cui il debitore avrebbe riconosciuto il valore. Lugarà le disse che sarebbe dovuto passare a firmarle il signor Luciano Mega.

Pure Gianni Lugarà ha ricordato la ragione del prestito dei 110.000 risiedere – per averlo appreso dal padre – nella necessità di Mega di far fronte alle spese legali del figlio. Lo stesso Lugarà jr. ha dichiarato di aver sùbito dato procura al padre di gestire l’appartamento di Alezio venduto dall’immobiliare Domus. Sia all’atto della stipula del preliminare l’8 luglio 2015, sia al momento del rogito nel dicembre 2015 erano presenti – secondo il figlio di Lugarà – «Mega, la cognata e la moglie». Dal canto suo il titolare della Luga QH ha affermato di non aver mai visto l’appartamento di Alezio.

Altro capo d’imputazione su cui si sono soffermate invece le testimonianze dell’avvocato Gioacchino Antonio Restuccia, dell’architetto Domenico Zema (casualmente omonimo di quel ‘Mimmo’ Zema rimasto coinvolto nell’operazione Tibet del 2014), dell’ingegnere Vincenzo Meli e di Salvatore Lugarà, fratello del costruttore, è quello relativo all’anfora romana sequestrata dai Carabinieri nel settembre 2017 presso la villa di Lugarà in via Russo a Seregno. Questi in sintesi i fatti che emergono dai loro racconti. Nel 2006, nel cantiere della Maisa Immobiliare relativo alla demolizione di un’ex falegnameria in corso Garibaldi a Seveso, viene rinvenuta nel sottoscala della struttura, fra tante cianfrusaglie, un’antica anfora romana (che la Soprintendenza stimerà risalente a un periodo compreso fra il I secolo a.C. e il I d.C.). Giovanni Lugarà, responsabile delle demolizioni, chiede allo zio Salvatore di aiutarlo a portarla a casa, «per fare un regalo alla mamma». Ed evitare, in questo modo, che finisca in discarica insieme ad altre suppellettili. Viene quindi sistemata nel patio della villa di Lugarà, in una posizione visibile dalla cancellata esterna. Ritenuta addirittura dalla famiglia Lugarà come «di scarso valore» – la utilizzavano solitamente come portaombrelli, tenendola su un supporto in ferro battuto senza curarsi del fatto che i nipotini, giocando, potessero danneggiarla.

Gianni Lugarà sarà sentito nuovamente nel prosieguo del dibattimento sulla questione delle scritture private. All’epoca dei fatti ha dichiarato di sapere che Grisafi fosse un conoscente del padre, ma non gli era mai capitato di chiedere a quest’ultimo informazioni sui motivi per i quali, nella palazzina di sua proprietà, ospitavano proprio il dirigente del Comune di Seregno. «Me l’ha chiesto mio padre…». Interrogato dalla pm Rizzo, ha risposto di non essersi mai interessato al fatto che Grisafi si stesse occupando proprio della pratica G.A.M.M. Quanto all’anfora, ha dichiarato di non averla mai fatta stimare, e di averla sempre ritenuta priva di valore, a giudicare dal fatto che pure per la madre fosse un «regalo sgradito».

La prossima udienza in calendario è fissata al 12 luglio 2021.

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Cronaca

SEREGNO – SEREGNOPOLI, L’EX POLIZIOTTO: ” LUGARA’ MI CONFIDO’ DEL PRESTITO CONCESSO A MEGA “

Prosegue l’odissea del processo Seregnopoli con l’esame dell’imputato Vincenzo Corso e, in seconda battuta, con l’introduzione dei testimoni Gennaro Rizzo, funzionario tecnico del Catasto a Seregno, e Carmine Gallo, ex funzionario di Polizia e dirigente presso il Commissariato di Rho Pero, in rapporti di amicizia sia con Antonino Lugarà sia con la parte offesa Luciano Mega.

di Alessandro Girardin

MONZA – SEREGNO

L’udienza del processo “Seregnopoli” dello scorso 19 aprile si è aperta con l’interrogatorio dell’imputato Vincenzo Corso. 68 anni, originario di Mileto ma trapiantato a Cesano Maderno, già dirigente dell’Unep (Ufficio notifiche esecuzioni e protesti) presso la sezione distaccata di Desio del Tribunale di Monza. La Procura gli contesta di essersi adoperato come “intermediario” per differire un provvedimento esecutivo a carico Massimo Ponzoni, in modo da consentire a quest’ultimo di regolarizzare la posizione di un immobile sito a Desio. Accuse che l’ufficiale giudiziario ha respinto recisamente.

Nella sua deposizione il dipendente Corso, spostato nel 2013 presso il Tribunale di Monza dove dirigente era Walter Zecchino (non imputato), ha affermato di conoscere Antonino Lugarà da oltre trent’anni. Ma, a suo dire, i dialoghi fra di loro vertevano perlopiù su problemi personali, in primis quelli che insorgevano fra Lugarà e gli inquilini residenti nei suoi tanti immobili. Occasioni nelle quali – ha dichiarato Corso – l’imprenditore era solito chiedergli «consigli sugli sfratti». Il pm Giulia Rizzo ha ricordato i tre incontri avvenuti fra Lugarà e Corso (e monitorati dagli inquirenti) tra settembre e ottobre 2015. Era stato Corso a contattare l’immobiliarista calabrese il 30 settembre 2015, concordando con lui un appuntamento presso il santuario di Santa Valeria, a Seregno, per visitare un immobile di Lugarà a cui il collega Zecchino era interessato. La mattina del successivo 2 ottobre, Corso e Lugarà si incontrano nuovamente a Seregno. Lo stesso giorno Lugarà telefonerà a Ponzoni per informarlo di aver ricevuto rassicurazioni che “qualcuno di sua conoscenza” lo avrebbe favorito nella procedura esecutiva.

Il terzo incontro fra i due risale al 30 ottobre 2015: Corso incontra Lugarà in un bar pasticceria a Seregno. Ha con sé una busta, dalla quale avrebbe estratto alcuni documenti e – secondo i risultati dell’o.c.p. dei Carabinieri, da cui però la difesa dissente, – ne avrebbe mostrato il contenuto a Lugarà.

Vincenzo Corso si è difeso sostenendo di non aver saputo – se non dopo la lettura degli atti – dell’esistenza di un contratto di comodato d’uso stipulato dalla società Acero Rosso di Ponzoni con un inquilino. È stato accertato come, il 31 ottobre 2015, all’indomani dell’ultimo incontro fra Corso e Lugarà, Ponzoni abbia mutato il contratto da comodato a locazione. In sede di controesame Corso ha negato di aver mai ricevuto denaro da parte di Lugarà. Benché dalle intercettazioni sia emersa la proposta dell’imprenditore di farsi carico (in un’ottica di scambio?) del rinnovo dell’assicurazione dell’auto in uso a Corso, che scadeva proprio in quel periodo e che il dirigente lamentava di non riuscire a pagare.

Con la successiva audizione del teste (di accusa e difesa) Gennaro Rizzo, dipendente del Comune di Seregno e responsabile del Polo Catastale Brianza Ovest, si è tornati sulla questione del collaudo delle opere pubbliche realizzate nell’ambito della media struttura di vendita voluta da Lugarà. Tra il giugno e il dicembre 2016, infatti, il tecnico Rizzo viene «spostato temporaneamente» presso l’ufficio Lavori Pubblici del Comune per il 30% del suo orario. Essendo in possesso dei necessari requisiti, gli viene affidato – su richiesta del segretario comunale di allora – un collaudo dichiaratamente «semplice», pur a fronte della sua pressoché totale inesperienza in materia. La scelta fu quella di individuare l’affidatario della procedura di collaudo all’interno, «e non all’esterno», del Comune di Seregno. Per la prestazione non era peraltro prevista alcuna remunerazione “extra”.

Il teste ha ricordato, e confermato poi in sede di controesame, che la richiesta di agibilità parziale per l’immobiliare G.A.M.M. Srl era stata presentata prima del collaudo, completa di documento di fine lavori e accatastamento commerciale. Il 27 gennaio 2017 faceva un sopralluogo di persona per vedere le opere di urbanizzazione alla fine collaudate.

Al centro della seconda parte dell’udienza, l’esame e controesame del testimone della difesa Carmine Gallo, 62 anni, ex ufficiale della Polizia di Stato in congedo dal dicembre 2018. Originario di Gragnano (Napoli), ha lavorato per trent’anni alla Questura di Milano, in servizio presso la Criminalpol Lombardia, per poi ricoprire la carica di dirigente al Commissariato di Rho Pero. «Ho conosciuto Mega Luciano negli ultimi anni della mia carriera, credo che lui fosse residente in quel periodo a Pero, che rientra nella giurisdizione del Commissariato da me diretto», ha dichiarato all’avvocato Rosario Minniti, legale di Lugarà. Parliamo degli anni 2012-2013.

L’ex ufficiale ha affermato anche di essere in rapporti con Lugarà: «Conosco Lugarà Antonino da oltre 30 anni. Credo di averlo conosciuto nell’89, in occasione di una vicenda che lo ha visto vittima insieme ai suoi fratelli, quando a Seregno furono attinti da colpi di arma da fuoco da due soggetti rimasti sconosciuti. All’epoca – ha proseguito Gallo – prestavo servizio alla Criminalpol, e il mio dirigente mi ordinò di andare sul posto, per accertare quello che fosse successo e svolgere delle indagini insieme ai Carabinieri. Andai anche in ospedale, e lì feci conoscenza col signor Lugarà».

Quelle indagini portarono a un nulla di fatto. Dal confronto con dati e informazioni in possesso della Dda di Milano, l’ex poliziotto ha negato di aver mai ricevuto notizie di una contiguità dell’imprenditore Lugarà ad ambienti ‘ndranghetisti.

«In un’occasione, sicuramente, sono stato io a presentare Mega a Lugarà e viceversa, perché erano entrambi nel mio ufficio», ha ricordato il teste. Riguardo alla questione del prestito da 110mila euro che Mega aveva ricevuto da Lugarà, «questa ha dichiarato Galloè stata una confidenza che Lugarà mi ha fatto qualche mese dopo, raccomandandomi di non riferirla a nessuno. Mi disse confidenzialmente che quei soldi servivano a Mega per pagare le spese legali del figlio. Da loro ho avuto solo notizie informali. Credo che quel prestito non sia mai stato restituito». Anche se Mega ha dovuto pagare a Lugarà il compenso per una procura a vendere l’appartamento di Lugano (30.000 franchi) e cedere l’immobile di Alezio al figlio dell’imprenditore per 80.000 euro (a fronte di un prezzo d’acquisto di 200.000 e di successiva rivendita pari a 140.000).

«Quando Lugarà mi disse del prestito, credo che lo fece per avere contezza che Mega fosse persona in grado poi di pagare il debito. Tutti sapevano delle problematiche del figlio, ma io gli dissi che in ogni caso avrebbe pagato», ha affermato l’ex ufficiale di polizia. I suoi rapporti con entrambi sarebbero proseguiti negli anni a venire. Tanto da aver appreso dallo stesso Mega i guai giudiziari che stava attraversando: «Credo abbia avuto uno o due procedimenti per bancarotta fraudolenta e riciclaggio. Ne ho avuto conoscenza direttamente da lui». Riguardo ai rapporti di Mega con Cosimo Tulli, il teste Carmine Gallo si è limitato a dichiarare di essere a conoscenza del loro «rapporto d’affari», dato che gestivano insieme un locale – il Puro – tra Pero e Milano.

Controesaminato dal pm Salvatore Bellomo, l’ex ufficiale – a conoscenza di segreti a quanto pare di non poco conto confidatigli da Lugarà – ha ricordato che le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia nell’ambito delle inchieste a cui aveva preso parte con la Dda «avvenivano sempre in presenza di un magistrato». Si tratta quindi, ha concluso Bellomo, di domande e risposte che venivano verbalizzate. Saverio Morabito, Antonio Schettini, Salvatore Pace, Mario Inzaghi: questi i nomi dei pentiti che, ammesso siano stati sentiti sul punto (come affermato sotto giuramento da Gallo), avrebbero potuto riferire – secondo il pm – «sull’appartenenza o conoscenza di Lugarà ad ambienti ‘ndranghetisti». L’acquisizione di questi verbali al processo potrebbe anche rappresentarne un punto di svolta.

A ulteriore domanda del pm sui motivi per cui le indagini sul “Far West” brianzolo si arenarono, l’ex poliziotto Carmine Gallo ha escluso che Lugarà gli abbia mai riferito di avere dei nemici o qualche sospetto che potesse contribuire a quell’indagine, anche solo in via confidenziale.

Cronaca

SEREGNO- PROSEGUE SEREGNOPOLI. ” MAZZA UNA PEDINA IN MANO A MARIANI”

MONZA – “Mazza una pedina in mano a Mariani” :la frase è presente in una delle intercettazioni telefoniche effettuate dai Carabinieri ed è stata riferita in aula dal maresciallo Antonio Fornaro, uno degli investigatori che hanno condotto le indagini che  hanno portato ai fatti del settembre 2017 ( leggi ) culminate con l’arresto dell’allora sindaco Edoardo Mazza. La frase citata è stata pronunciata dalla signora Giuseppa Cartia,  moglie del dirigente comunale Calogero Grisafi, suicidatosi il 23 settembre del 2015 ( leggi ) .
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E’ proseguito lunedì 18 novembre presso il Tribunale di Monza il processo “Seregnopoli” . Nella prima parte dell’udienza il luogotenente del nucleo investigativo dei Carabinieri, Giovanni Azzaro, ha continuato la sua deposizione nella quale ha disvelato, intercettazioni alla mano, i rapporti tra l’imprenditore Antonino Lugarà e Giuseppe Carello impiegato dell’ufficio “SDAS” della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza.
In data 1 febbraio 2015, riferisce Azzaro, Lugarà chiamò Carello per chiedere informazioni relativamente un esposto da lui presentato qualche tempo prima a riguardo di una certa “Immobilare Umberto Primo”. Non trovando nulla Carello richiamò il Lugarà che gli suggerì di controllare  ricercando le parole chiave  “Comune di Seregno”: diversamente dalla prima ricerca risultata negativa, l’interrogazione della Banca Dati fece emergere una serie di nominativi di soggetti iscritti al registro degli indagati tra i quali comparivano Calogero GrisafiFranco Greco, Carlo Santambrogio e Gianfranco Ciafrone. Ascoltati i nomi  Lugarà intuì subito dell’esistenza  di  un’indagine che coinvolgeva  membri della Giunta Comunale nonchè dipendenti e dirigenti comunali.

Il 4 febbraio 2015 Lugarà tentò di contattare, senza riuscirci perchè era in vacanza,  Gianfranco Ciafrone per avvertirlo di quanto scoperto. Successivamente  Lugarà chiamò l’imprenditore Emilio Giussani chiedendogli se si trovasse in zona Seregno e fissando con lui  un incontro nell’ufficio del Lugarà per le 11.30 dello stesso giorno  Alle 11.49 Lugarà chiamò il Carello, e presumibilmente alla presenza del Giussani, chiese se fra l’elenco delle persone indagate vi fosse anche quello del noto imprenditore seregnese.
Il 9 febbraio 2015 Lugarà si presentò nell’ufficio dell’ allora assessore Gianfranco Ciafrone per metterlo al corrente di un’indagine a carico suo e del comune di Seregno, comprendente anche intercettazioni e specificando di aver appreso la notizia  da un suo “amico” del Tribunale di Monza: il Ciafrone da parte sua rimase stranito ed incredulo del come mai tra i nomi non figurasse anche quello di Giacinto Mariani.
Sempre nel suo intervento il luogotenente  Azzaro ha specificato e precisato come il piano attuativo dell’ area “ex-dell’orto pullman” dovesse essere oggetto di una vera e propria delibera consiliare e non di giunta trattandosi di una variante al PGT in quanto si andava a modificare la viabilità esistente non per un interesse pubblico, ma per quello di un privato.
Nel contraddittorio seguito alla deposizione dell’Azzaro le difese hanno cercato di smontare le accuse mosse dalla Procura ( pm Salvatore Bellomo – Giulia Rizzo ): è apparso chiaro come sarà indispensabile ed essenziale a questo punto la testimonianza del consulente urbanistico architetto   Rimoldi,  nominato dalla Procura,  dalla quale si potrà evincere la solidità dell’ impianto accusatorio.
Nella seconda parte dell’udienza è iniziata la deposizione del maresciallo Antonio Fornaro, del nucleo investigativo dei Carabinieri, che ha esposto quella che è apparso come una delle principali prove a sostegno delle tesi accusatoria, ovvero il compromesso di compravendita stipulato tra la GAMM (società riconducibile alla moglie del Lugarà, Giuseppina Linati e alla figlia Annalisa Lugarà) e la società IN’s Supermercati dal quale emergerebbe come il Lugarà, impegnandosi con tale atto, fosse come sicuro che il piano attuativo riguardante la ” ex Dell’Orto pullman ” sarebbe stato sicuramente approvato.
L’udienza riprenderà  il 25 novembre . ( Davide Vismara )
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Cronaca

SEREGNO – L’INCHIESTA DELLA PROCURA SI ALLARGA: SPUNTANO NUOVI NOMI

SEREGNO –  Una proroga “a carte coperte” di 6 mesi delle indagini nei confronti di vecchi e nuovi indagati chiesta dalla Procura, a cui si è opposta la difesa del costruttore Antonio Lugarà. Ma intanto alla caserma dei carabinieri di Seregno riprendono gli interrogatori davanti al pm. Dopo le misure cautelari per corruzione e abuso in atti d’ufficio eseguite il 26 settembre scorso e che hanno colpito anche l’ex sindaco Edoardo Mazza e l’ex vicesindaco Giacinto Mariani, non si ferma la maxinchiesta sull’urbanistica a Seregno e si allarga a macchia d’olio su una raffica di altre pratiche edilizie e altre notizie di reato al momento non svelate.

A svelare l’incessante lavoro di indagine lungo e complesso, quello che stanno affrontando i carabinieri, coordinati dai pm monzesi Salvatore Bellomo e Giulia Rizzo, è una richiesta di proroga delle indagini (scadute all’inizio di dicembre e di cui si chiede al gip il rinnovo per altri 6 mesi) inviata dalla Procura a indagati già coinvolti, ma che contiene anche nomi su cui si vociferava soltanto, negli ultimi mesi, perché la documentazione relativa alle proprie pratiche risultava essere stata acquisita dai militari nei diversi accessi negli uffici comunali o perchè apparsi accanto agli innumerevoli “omissis” nelle carte dell’inchiesta. Oltre a Mazza, Mariani e Lugarà, appaiono tra gli altri il costruttore Roberto Pozzoli, l’imprenditore Emilio Giussani, Giorgio Vendraminetto, commercialista e immobiliarista e Marco Radice, dirigente dell’ufficio anagrafe del Comune di Seregno.

La richiesta di proroga contiene soltanto l’indicazione del titolo di reato di “corruzione più altro” ma non specifica per quali vicende. È questo il motivo per cui l’avvocato Luca Ricci, difensore di Lugarà, ha presentato al gip Pierangela Renda opposizione alla richiesta di proroga delle indagini, sostenendo che “la Corte Costituzionale chiarisce che non è consentito chiedere la proroga delle indagini senza i connotati dell’avviso di garanzia che contengano data, luogo e imputazione precisa del reato contestato”. Il gip non si è ancora pronunciato. Ma nel frattempo i nuovi indagati sono stati convocati a rendere dichiarazioni. Come Emilio Giussani, il proprietario della ‘cava Giussani’, che si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Sulla cava Giussani, l’area di via Meiani di Levante dove il titolare delle società Emilio Giussani e Brianza Inerti che si occupano di smaltimento di rifiuti non pericolosi, essenzialmente ghiaia e sabbia per l’edilizia, i carabinieri di Seregno si erano già fatti consegnare le pratiche in una delle “visite” al Comune. Sotto la lente della Procura interventi eseguiti “in assenza di permesso di costruire”, con un’ingiunzione di “ripristino dello stato dei luoghi”, sospeso però dal Tar in attesa del giudizio. Ma molte altre le vicende urbanistiche al vaglio degli inquirenti relative al “post Gavazzi”, l’ex consigliere Pdl della Provincia di Monza Attilio Gavazzi, imputato in un processo in corso al Tribunale di Monza, nella sua qualità di vicesindaco e assessore all’edilizia privata dal 2005 al 2010, di corruzione per presunte tangenti per “agevolare” cambi di destinazione d’uso di alcune aree in città e a quando forse Giacinto Mariani era ancora sindaco.

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Cronaca

SEREGNO – GIACINTO MARIANI INTERDETTO DAI PUBBLICI UFFICI

MONZA – Il Gip del Tribunale di Monza Pierangela Rende ha deciso di applicare l’interdizione dai pubblici uffici per l’ex vice-sindaco leghista di Seregno Giacinto Mariani   dopo la nota inchiesta sulla presunta corruzione nell’urbanistica con il voto di scambio legato alla ‘ndrangheta .  La medesima richiesta di interdizione era stata presentata anche nei confronti di tre funzionari comunali – Carlo Santambrogio in  pensione, Antonella Cazorzi e Biagio Milione per assenza di esigenze cautelari. Per i pm monzesi Salvatore Bellomo e Giulia Rizzo pare che Giacinto Mariani sia il “vero manovratore ” ( leggi ) della gestione politica e amministrativa del Comune di Seregno, guidata dal sindaco Edoardo Mazza ora ai domiciliari .

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