Quintino Magarò

Politica

MONZA – INFILTRAZIONI MAFIOSE NEL BAR DELLA PROVINCIA ?

Paradossi normativi, impotenza dei funzionari pubblici


( Anna Migliaccio, 13 febbraio 2017 )

MONZA- A novembre del 2014 l’ente Provincia di Monza e Brianza procedette alla pubblicazione di un Avviso esplorativo pubblico per la manifestazione di interesse a partecipare ad un appalto di Concessione per la gestione del servizio bar ristoro. La  procedura adottata è simile alla licitazione privata. Si effettua una preselezione di aziende interessate a partecipare ad una successiva gara ristretta. L’appalto in questione era riservato alle cooperative sociali di tipo B, quelle che impiegano “personale svantaggiato” e prevedeva una durata quinquennale, dal 2015 al 2020. Il criterio di aggiudicazione era quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (cioè con un criterio qualitativo a punteggio, e non al prezzo più basso, o in questo caso al rialzo (canone di concessione a favore dell’ente) con concorrenti scelti unicamente tra le aziende di cui alla Legge 381/1991. Le cooperative sociali per legge sfuggono in tutto o in parte all’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici. In ossequio alla loro funzione “sociale” godono di un regime fiscale privilegiato e nelle gare d’appalto possono partecipare da sole, senza la concorrenza delle aziende ordinarie. E’ legittimo, come in questo caso, procedere a una gara riservata a cooperative B. Alla gara parteciparono 5 cooperative sociali: Arca Di Noé Società Cooperativa, Cooperativa Sociale Eureka Soc. Coop. A.R.L. Il Grappolo Società Cooperativa SocialeLa Bottega Eco Solidale Società Cooperativa Sociale e Mar Multiservizi Cooperativa Sociale Onlus . 
Ad aggiudicarsi  l’appalto in Concessione fu la Cooperativa Mar Multiservizi di Varese.
La Mar Multiservizi, i cui rappresentanti legali evidentemente sono in regola con i requisiti di cui al D.lgs. 163/2006 oggi sostituito dalla Legge 50/2016, sembrerebbe infiltrata di fatto dalla ndrangheta. Il factotum della gestione sarebbe la moglie del boss Candeloro Pio, condannato in via definitiva a 20 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso.. La medesima cooperativa ha in appalto il bar del tribunale di Mantova e partecipa continuamente ad appalti pubblici, tant’ è che la ritroviamo tra i partecipanti ad una gara indetta dall’ente Università dell’Insubria.
Nelle convenzioni con le cooperative sociali è d’obbligo la nomina di un referente responsabile per l’inserimento del personale “svantaggiato”. Come si apprende dalla stampa il referente nominato è Quintino Magarò. Quintino Magarò è un personaggio con un curriculum giudiziario e politico di tutto rispetto. Già consigliere comunale di una lista civica denominata “Orgoglio gallaratese” area centro destra, viene sottoposto agli arresti domiciliari a causa di vicende giudiziarie di un’altra Cooperativa sociale, La Primavera con sede a Gallarate, per vicende legate ad una truffa ai danni dell’Inail per mancato versamento e occultamento delle somme destinate a contributi sociali dei dipendenti, e con l’accusa di truffa ai danni dello Stato.
Può apparire paradossale ma la norma vigente in materia di appalti pubblici non esclude che persone con vicende giudiziarie come queste possano non avere interdittive rispetto alla partecipazione alle gare. Nessuna norma chiede di verificare le eventuali contiguità o infiltrazioni mafiose se esse riguardano rapporti di parentela, affinità e coniugio dei dipendenti di una azienda. Conformemente alle norme in vigore, anche se i commissari di gara fossero stati a conoscenza dei fatti oggetto dell’esposto, non avrebbero potuto escludere l’azienda in sede di gara per motivi come questi. L’ente aggiudicatore, la stazione appaltante, non potrebbe rescindere il contratto. Sulla vicenda farà luce la magistratura. A noi preme evidenziare che l’infiltrazione mafiosa può assumere caratteri che sfuggono alla normativa,  che la collusione e  la contiguità, spesso non sono perseguibili a meno che le norme in materia di appalti pubblici non vengano modificate. O a meno che si cominci a fare a meno degli appalti e si torni a gestire i servizi con dipendenti dell’Ente,  l’unica alternativa davvero risolutiva. Del resto una opinione molto simile viene espressa dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo in persona del suo massimo vertice Franco Roberti, quando, relazionando al Parlamento sul tema della confisca di aziende in odore di mafia e sulla gestione dei beni confiscati, nonché sull’efficacia del Codice antimafia così si esprime: “Il decreto legislativo 6 settembre 2011 n.159, più noto come “codice antimafia”, nonostante l’enfatizzazione politico-mediatica che ha caratterizzato le fasi di elaborazione e approvazione dello stesso, si è rivelato ben lontano dall’ ambizioso progetto contenuto nella legge delega n.136 del 13.08.2010 “Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia”. I limiti e l’inadeguatezza dell’intervento legislativo rispetto al fine dichiarato di potenziamento dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata, emersi con assoluta evidenza sin dalle prime fasi di applicazione della normativa, danno ragione alle diffuse critiche mosse dagli operatori del settore e sono alla base delle numerose proposte di modifica del testo originario. Il codice antimafia è stato giustamente definito “un’occasione perduta”.
Appunto!

 


La Provincia Monza e Brianza ha pubblicato sul proprio sito internet una nota riguardante questa vicenda

9 febbraio 2017
Precisazioni in merito alla società di ristorazione in servizio presso la sede della Provincia MB
Monza, 9 febbraio 2017. Con riferimento agli articoli di stampa relativi alla Cooperativa Sociale Mar Multiservizi, che nel 2015 ha ottenuto in concessione e gestione lo spazio bar presso la sede di via Grigna 13, la Provincia precisa che il contratto è stato stipulato il 3/3/2015 con il legale rappresentante della Cooperativa stessa, Signora Paola Oliva Leonelli.
Ciò a seguito di regolare procedura selettiva destinata a cooperative sociali di tipo B, iscritte all’albo regionale, per favorire l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, tra cui disabili e soggetti in carico ai servizi sociali. La concessione quinquennale in corso prevede il servizio di ristoro a mezzo di distributori automatici oltre al servizio bar/tavola calda in sede.
La società, con sede a Varese, ha superato i controlli ex-lege previsti dalla procedura di gara, e risulta oggi affidataria – tra l’altro – di analoghi servizi di ristorazione anche per altri enti pubblici a Brescia e a Mantova. La Provincia conferma di aver fornito agli inquirenti già un mese fa gli atti utili allo sviluppo delle indagini in corso.

 

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